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mercoledì 15 dicembre 2010

Riflessioni sul voto del Parlamento

di Nicola Graffagnini

Se si volesse riflettere serenamente su ciò che è successo al Parlamento in questi due giorni, che resteranno segnati nella storia della repubblica, come stazioni di passaggio del maggioritario in crisi non si può prescindere dall’analisi del sistema maggioritario alla luce dei numeri di ieri.
Infatti secondo le opinioni più diffuse l’abito del maggioritario non è indossato bene dalla storia italiana che ha una lunga tradizione del proporzionale con un solido partito di centro di equilibrio.
A guardare bene ieri si è sgretolata la maggioranza più ampia uscita dalle urne di due anni fa, col premio del 51% dei seggi del Parlamento.
Sommando le tre componenti storiche di maggioranza il totale ammonta a 330 ( 236 PdL, 59 Lega, 35 Fini), deputati sul plenum di 630. Una di queste componenti, quella ex AN facente capo a Fini ne è uscita fuori, portando via 35 deputati dei 70 originariamente eletti in quota AN.
Ma già questo numero ha permesso al fronte contrapposto di tentare la strada della mozione di sfiducia al fine di azzerare il Governo e costringerlo alle dimissioni. Ma si sa in politica le somme non riescono sempre o quasi mai e questo sembra aver amareggiato di più Fini, notevolmente abbattuto dal tono della voce.
Infatti all’appello nominale, come tutti abbiamo visto in TV, alcuni deputati per loro convinzione, hanno votato in dissenso dal gruppo originario e/o ne hanno fatto altri gruppi ex novo per giustificarsi e abbiamo anche notato, con apprensione, due deputate in gravidanza inoltrata che hanno voluto portare comunque il loro voto e la loro solidarietà alla causa di Fini, al centro delle attenzioni di tutti.
Il totalizzatore elettronico alla fine ha fatto visualizzare a tutta Italia i numeri finali della partita:
Presenti 627
Votanti 625
Astenuti 2 ( Fini e Moffa )
Maggioranza 313
Sì 311
No 314
Il primo passaggio ha visto il Presidente Berlusconi raccogliere il secondo voto di fiducia, dopo quelli del Senato, molto più ampio.
Al tirar delle somme, però il giorno dopo, le Agenzie stampa registrano gli appelli alla governabilità, provenienti in modo insistente dalla maggioranza verso l’UDC, che viene invitato all’appoggio esterno.
Mentre Casini si affanna in tutte le sedi a replicare che il Centro sic l’UDC ha votato in due anni 36 voti di sfiducia al Governo e così ha fatto anche il 15 Dicembre, senza deviare dalla linea mantenuta anche col Governo Prodi, per distinguersi sia dalla Destra che dalla Sinistra e ribadire la necessità del superamento del sistema maggioritario che non prevede forze intermedie e che ha comportato già due legislature interrotte al secondo anno di vita.
Quindi con un proverbio antico possiamo ripetere, “tanto rumore per nulla?”. Non propriamente, la crisi della maggioranza è stata visibile a tutti, o almeno a quelli che guardano alle cose della politica con occhio attento, perché riguardano la vita di milioni e milioni di cittadini, e di fronte ai 200 tavoli di trattative aperti al Ministero del Lavoro, per ventilate chiusura di fabbriche importanti, il Premier ha atteso cinque mesi per nominare il nuovo Ministro delle Attività Produttive, dopo le dimissioni ingloriose di Scaiola.
Anche questa volta, si sussurrava che l’attesa era determinata dalle profferte rivolte a Casini per sostituire la possibile cacciata o uscita di Fini.
I prossimi giorni ci diranno che cosa succederà alla Camera ove l’assenza dei Ministri, potrà bloccare il percorso quotidiano dei vari provvedimenti all’ordine del giorno, a meno che si farà di necessità virtù … e cioè che dovrà subentrare d’imperio …..l’interesse superiore dello Stato per accompagnare i provvedimenti legislativi, ritenuti importanti, verso… intese preventive tra le maggiori forze in campo.
Questa può essere una soluzione per l’immediato, ma altre non ve ne sono, nè tantomeno Casini sembra al momento volere abbandonare la posizione di centro per fare da “ruota di scorta” del governo, anche se sembra che si sia mossa perfino la Segreteria di Stato Vaticana per spingere l’UDC in tal senso, ma un passaggio nell’intervento di Casini alla Camera sembra allontanare tale ipotesi.
Tra tutti gli interventi ascoltati, occorre dire, per essere sincero che gli interventi del filosofo germanista Buttiglione e di Casini, hanno ribadito la ferma convinzione che il modello tedesco della gross coalition, allontanando elezioni e spaccature suicide, ha costretto tutti a sedersi intorno ad un tavolo e a ritrovare un Patto per la Nazione e per difendere il lavoro di milioni e milioni di lavoratori e Dio sa se in Italia non ce ne sarebbe bisogno.
Nicolò Graffagnini

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