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venerdì 8 ottobre 2010

Storia. Centocinquant'anni di Unità - Quadro socio-economico della Sicilia

L’Italia al momento dell’Unità era nel suo insieme un paese che oggi senza alcuna esitazione definiremmo arretrato. L’aspettativa di vita alla nascita era di circa 30 anni, contro una aspettativa che nei nostri giorni è di 74 per gli uomini e di 78 anni e oltre per le donne. Gran parte della popolazione, al Nord come al Sud, viveva in una condizione materiale che era tipica di una società pre-industriale, con alti tassi di natalità e alti tassi di mortalità, soprattutto infantile; una condizione peraltro protrattasi abbastanza a lungo nel Mezzogiorno e nelle isole. Certo all’interno della società pre-industriale esistevano fasce privileggiate di popolazione che vivevano nell’opulenza, ma le masse popolari, cittadine e rurali, stazionavano su livelli di vita superiori di poco, e qualche volta inferiore, a quelli della mera sussistenza: per quanto riguarda Contessa Entellina basta leggere i testi di carattere sociale di padre Nicolò Genovese. I contadini settentrionali al momento dell’Unità soffrivano di pellagra non meno di quanto i centro-meridionali fossero afflitti dalla malaria e le condizioni alimentari delle masse rurali settentrionali non erano sicuramente molto migliori di quelle meridionali.
Il panorama economico e sociale della Sicilia nella prima metà del XIX secolo aveva per la verità subito (periodo Borbonico) notevoli interventi innovativi, soprattutto nel campo agricolo:
-abolizione, almeno sotto il profilo giuridico, del feudalesimo nel 1812;
-scioglimento delle proprietà promiscue e quotizzazione dei demani nel 1817;
-abrogazione dell’istituto del fedecommesso nel 1818;
-rescissione dei contratti di soggiogazione del 1824;
-censuazione dei beni ecclesiastici di regio patronato del 1838;
Tutte queste iniziative (su cui in prosieguo torneremo per indicarne la portata) hanno avuto a Contessa Entellina incidenza vastissima perché, almeno formalmente, liberarono grandi estensioni di terra dai vincoli che su di essa esercitavano la giurisdizione feudale e i diritti e le servitù collettive a favore delle popolazioni rurali. In pratica con i citati provvedimenti è avvenuta una redistribuzione della proprietà terriera nel senso che parecchi feudi che erano congelati in capo agli eredi dei Cardona, che fino allora gestivano con loro uomini l’Amministrazione Comunale, poterono passare di mano ad altri grandi proprietari sgretolando l’unitarietà di conduzione dell’intero territorio comunale.
Di attività autenticamente industriali in Sicilia al momento dell’Unità ve ne erano poche: la fonderia Oretea a Palermo (duecento operai), il cotonificio Ruggeri a Messina (500 addetti), la filanda di seta Jager di Messina (200 addetti), gli stabilimenti vinicoli Woodhouse, Beniamino Ingham e Vincenzo Florio, ciascuno con un centinaio di addetti. Attiva era inoltre l’attività di estrazione del minerale di zolfo.
Nel 1862 la viabilità ordinaria in Sicilia versava in uno stato poco più che primordiale: i comuni sprovvisti di strade carrozzabili erano ancora 182 su 358, e fra questi era Contessa Entellina. Le ferrovie erano del tutto assenti.
I dati sull’analfabetismo testimoniavano di una debolezza delo sviluppo civile veramente grave. Contro il 50-54% di Piemonte, Liguria e Lombardia, che comunque dovevano confrontarsi con il 30% di analfabeti dell’Inghilterra, il Mezzogiorno continentale presentava nel 1861 l’86% di analfabeti e la Sicilia l’88,6%.
Nel 1911, cinquant’anni dopo, il tasso scese al 58%, certamente un livello ancora troppo elevato.
Ancora negli anni settanta del Novecento, a Contessa Entellina, ogni cento persone che si presentavano negli uffici del Comune per avanzare una qualsiasi istanza (comprese quelle di accesso ai benefici del post-terremoto) almeno 8-10 sottoscrivevano con un segno di croce e l’avvallo di due testimoni.

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