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giovedì 1 aprile 2010

Ufficialmente il feudalesimo finisce nel 1812; di fatto dura fino ai primi anni '70 del Novecento, quando anche con la passione e la volontà del sindaco Francesco Di Martino viene abolita l'enfiteusi.

La vita politica dopo il 1812


Il 18 giugno 1812 il Parlamento del Regno, facendo seguito ad un Decreto Regio, approvava la Costituzione -sulla falsariga di quella inglese- che proclamava solennemente l’abolizione della feudalità. La Sicilia passò, da un tipo di organizzazione politica ed economica di derivazione feudale ad una fondata su principi costituzionali e sul liberismo economica. I siciliani cessarono di essere vassalli e diventarono liberi cittadini, mentre baroni e principi divennero, ancora una volta con loro vantaggio, a pieno titolo proprietari dei feudi.
In pratica, cosa cambiò nella vita comunitaria ?
I quattro giurati che fino ad allora avevano gestito la vita amministrativa di Contessa furono sostituiti da altrettanti magistrati municipali, chiamati "municipali".
Il 1 gennaio 1818 entrò poi in vigore la riforma dell’amministrazione pubblica in Sicilia, e agli antichi magistrati, che fino ad allora avevano continuato ad essere di nomina baronale, subentrarono il Decurionato, il Sindaco, il primo eletto e il secondo eletto.
Il Decurionato costituiva l’organismo di rappresentanza del comune e corrispondeva più o meno all’attuale Consiglio comunale. Per i comuni con popolazione superiore ai 3000 abitanti era prevista una rappresentanza di dodici decurioni, come appunto avvenne per Contessa. Il numero degli eleggibili allora era molto (molto) molto ristretto, perché erano dichiarati eleggibili gli abitanti che avevano una certa proprietà non inferiore a quella stabilita dalla legge. Si pensi, ma torneremo su questi aspetti, che per le elezioni amministrative del 1904 votarono -a Contessa- centoquattro elettori (maschi). Per i maestri, ossia coloro che esercitavano un’arte o un mestiere (oggi diremmo artigiani), bastava una proprietà minore.
La massima autorità del paese, da quel primo gennaio 1818, divenne quella del Sindaco che veniva nominato dalla intendenza di Palermo, dietro la segnalazione del Decurionato, del parroco della matrice e del giudice. Gli stretti collaboratori del sindaco erano il primo eletto ed il secondo eletto (in pratica col sindaco c'erano due assessori).
Il primo eletto si interessava dei preposti al pubblico servizio e all’annona. Mentre il secondo eletto aveva responsabilità dello stato civile, fino a pochi anni prima curato dalle due parrocchie del paese, e poteva sostituire il sindaco in caso di malattia o di altro impedimento.



Il sindaco e gli altri nominati duravano in carica in media tre anni, salvo casi contrari come talvolta capitò a Contessa. Potevano però essere confermati per mancanza di altri elementi capaci disponibili, in caso di utilità o di pubblica necessità. Allora non c'era la corsa per le cariche municipali: la legge del 1818 non previde alcuna "indennità di carica". Allora gli attuali "indennizzati di carica" che guardano negli occhi il Sindaco Sergio si sarebbero dati ad altra attività.

I decurioni invece duravano in carica quattro anni e non potevano essere riconfermati senza un intervallo di due anni tra un mandato e l’altro.

I nuovi eletti entravano in funzione all'inizio dell'anno, che però: attenzione ! non era  il primo di gennaio, bensì il primo di settembre (inizio appunto dell'anno secondo il calendario bizantino). Ogni anno si rinnovava un quinto dei dodici Decurioni e pertanto questi si insediavano col 1° di settembre.

Fra i dipendenti del comune vi erano: il cassiere, il cancelliere e il segretario. A questi venivano affidati, sotto la personale responsabilità: l’ufficio, l’archivio e il suggello del comune, come anche la compilazione degli atti che loro spettava di ufficio.

Contessa non dipendeva direttamente dall’intendenza di Palermo, ma dalla sottointendenza di Corleone. Le strade per raggiungere la sottointendenza e l'intendenza erano molto accidentate e venivano percorse solo in estate.
Da quel 1818 Contessa, come tutte le ex Università feudali di Sicilia, perdeva la propria autonomia che fino ad allora si era sviluppata in osmosi con i "governatori" dei principi Colonna, che ormai si erano da tempo insediati nel paese ed avevano assunto usi e costumi. Vedremo in seguito quali erano queste famiglie.
Una volta eletti, tutti, decurioni e sindaco, dovevano promettere fedeltà a Sua Maestà il Re (allora di casa Borbone), tendendo la mano sul libro del vangelo. Torna ancora una volta, quindi, il giuramento che abbiamo rilevato veniva eseguito anche all'insediamento dei precedenti "giurati", allora davanti -ed in ginocchio- al governatore del barone.
Questa era la prassi, ma capitò che taluno non volle entrare in carica, né prestare giuramento al Re, abituati come si era a giurare fedeltà al barone.

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