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mercoledì 7 aprile 2010

Quando la ragione viene messa a dormire - Personaggi con carica pubblica dicono "I panni sporchi si lavano in famiglia"

ITALIANI, BRAVA GENTE: 7 aprile 1939

La storiografia italiana è piena di vuoti di memoria. Pur essendo la nostra Repubblica fondata sull’antifascismo, noi italiani ci siamo specializzati nell’attribuire tutte le malefatte della seconda guerra mondiale al nazismo, ai tedeschi, ai comunisti di Tito, insomma agli altri. In Abissinia gli italiani si comportarono da macellai trucidando decine di migliaia di persone inermi in azioni di rappresaglia (nei telegrammi spediti a Mussolini dal generale Graziani vengono definite “esecuzioni sommarie”), fra cui n. 2.200 preti ortodossi-copti (di cui 425 monaci), gente inerme ma che agli occhi dei nostri occupanti occultavano resistenti all’invasione straniera.
Angelo Del Bocca, storico che raccolse testimonianze dirette, parla di uccisioni a casaccio perpetrate con metodi squadristi, uomini legati e arsi vivi dopo averli imbrattati di benzina, fucilazione di tutti i giovani cadetti delle scuole militari. Mussolini informato di questi fatti non dispose di fermare le stragi, ha voluto -o meglio- ha raccomandato che la “repressione si svolga in segreto”. Graziani lo rassicurò, nel riscontro al ministro delle colonie: “Le esecuzioni sommarie vengono fatte in località appartate”.
La nostra storiografia, di destra e di sinistra, ha sempre tentato di ammantare le sciagurate avventure coloniali del Fascismo di buonismo, le ha addolcite ed infine derubricate a “colonialismo straccione”, più grottesco che feroce o violento. Il tutto è stato immerso nel mito degli “italiani, brava gente”.



Proprio oggi, 7 aprile, corre il settantunesimo anniversario della tragica ed insensata campagna d’Albania, con un caotico e disordinato sbarco di 22.000 uomini a Valona (fra cui un buon numero di arbrëshë in veste di interpreti). Si trattava di uomini mandati allo sbaraglio da Mussolini che, in quei giorni, si sentiva umiliato per essere stato informato da Hitler, a cose fatte, dell’invasione della Cecoslovacchia. Cercava una rivalsa per mostrare lo spirito guerriero degli italiani. Ritenne e fece conoscere che occupando l’Albania egli sarebbe divenuto il depositario del destino dell’intera penisola balcanica, insomma “avrebbe rotto le reni alla Grecia”. Sappiamo tutti come finì. Se non fossero intervenuti i tedeschi in soccorso i nostri militari sarebbero rimasti impantanati e sarebbero morti di freddo nelle montagne del nord Grecia.

La stessa occupazione dell’Albania, che il Duce riteneva di facile e rapida acquisizione perché era un paese disarmato, povero e in un certo senso primitivo, creò problemi.
Al di là della vicenda storica, ben nota a tutti, in questa sede ci interessa riportare i dati ufficiali che vengono fuori a distanza di decenni da quei fatti e che ci parlano, anche in Albania, delle disposizioni date e dei comportamenti messi in atto con eccidi, violenze e deportazioni. I documenti mettono pure in evidenza che i governi fantocci messi su dal Fascismo puntarono alla “snazionalizzazione” delle popolazioni autoctone. Insomma iniziative tese a trasformare l'identità di quel popolo; cosa questa che avrebbero trovato  sostenitori nell'odierna Contessa Entellina, sottoposta pure essa alla manipolazione della propria identità.
Torniamo, però, a quel 7 aprile 1939: a conclusione dell’avventura gli italiani in Albania si resero responsabili di 28.000 morti, 12.000 feriti, 43.000 internati.
Non fu, come finora la storiografia ci ha lasciato intendere, un colonialismo dal volto umano. Fu come sempre avviene negli atti di sopraffazione un assassinio di massa, fatto con consapevolezza. Gli italiani che diventano bestie non differiscono in nulla dai tedeschi che diventano bestie.
Ciò avviene tutte le volte che -col consenso generalizzato- i popoli mettono a riposo i lumi della ragione.

Quei “buon pensanti” locali (Contessa Entellina), che oggi dicono che parlare di tutto sul blog (o su Facebook) esaspera animi o sminuisce la nostra importanza di popolo, sappiano che discutere di tutto, su tutto, è liberatorio e valorizza la democrazia, la trasparenza della vita pubblica. A sminuire l'immagine non è l'informazione, ma il comportamento di chiunque compie azioni disdicevoli e peggio ancora il comportamento dei tanti che preferiscono girarsi dall'altro lato.
(Ricordiamoci il detto cinese: lo stupido guarda il dito che indica la luna, piuttosto che guardare la luna).
Chi scrive, chi commenta, chi rende pubblico un comportamento non fa altro che raccogliere quanto gli viene consentito di monitorare.

Continueremo ad evidenziare (e chiediamo di poterlo fare con l'apporto di tutti) i comportamenti che abbiano rilevanza sociale per criticarli talvolta ed elogiarli -davanti a tutti- se sono meritori.
Gli stupidi di tutte le risme sappiano che i comportamenti scorretti verranno messi in piazza, sia pure in una piazza virtuale. Fare gli omertosi, gli uomini di “panza”, come purtroppo tanti di coloro che da noi rivestono incarichi pubblici sostengono è “ignoranza col diploma”, oltre che ovviamente cucina del brodo per l’onorata società.
Le questioni pubbliche, che riguardino la comunità municipale, ecclesiale, comprensoriale, regionale, nazionale, mondiale, non hanno nulla a che fare col detto “I panni sporchi si lavano in famiglia”.  Questa espressione è tipicamente mafiosesca: consigliamo di eliminarla dal linguaggio di chi riveste incarichi pubblici.
I blogs e Facebook non servono per il chiacchiericcio; pure esso comunque va fatto, ma non può avere la priorità.

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