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giovedì 11 febbraio 2010

Cambiare casacca: vizi e virtù dei voltagabbana

La nuova dislocazione politica del sindaco, dott. Sergio Parrino, eletto quale candidato del Pd e trasferitosi, armi e bagagli, nel Pdl per transitare quindi nel Pdl-Sicilia, ci spinge a più di una riflessione. Il sindaco, come si ricorderà, affrontò la campagna elettorale in una lista civica, dove destra e sinistra convivevano, circostanza comunque presente nelle altre liste. Ormai le liste, ma anche i partiti, con l'arrivo della cosiddetta seconda Repubblica non sono altro che contenitori dove si trova di tutto (eloquente il caso della Pivetti e la Bonino: elette sotto lo stesso simbolo). 
Siccome, tuttavia, il “voltagabbana” di cui vogliamo discutere è il sindaco, ci soffermeremo su quella sua lista formata dal Pd – Partito democratico e da una parte dell’Udc-Unione democratica di centro. Da giugno 2009 scorso, in via ufficiale, il sindaco da Pd è divenuto Pdl, essendosi adoperato di cercare voti (Chi lo sa se ne ha trovati  ?)  per esponenti del partito berlusconiano.

La cosa strana di questa vicenda è che il Pd, promotore di quella lista, oggi in Consiglio comunale conta su un solo consigliere e l’udc (ad esso alleato) su due soli consiglieri.
Esistono per la verità altri consiglieri di centro-sinistra in Consiglio, ma eletti in altre liste, come esistono altri consiglieri del pdl che non riconoscono la veste del figliol prodigo al sindaco Parrino.

Dopo la sommaria descrizione dei fatti, passiamo alle riflessioni.
Sui giornali appare spesso l'argomento dei voltagabbana. Non sorprendiamoci quindi più di tanto. Si gira intorno alla questione, ma la realtà è semplice: essere voltagabbana è nel carattere di alcuni soggetti, nel loro Dna. Tra le loro qualità non ci sono affidabilità e lealtà; ma d’altronde il voltagabbana non è, appunto, nato oggi, con la seconda Repubblica: la storia lo dimostra a iosa. Prevale il cinismo, prevale l'atteggiamento espresso dal consueto « Chi se ne frega! » e l'ancor più antico: «Francia o Spagna pur che se magna». Per consolarci potremmo citare ciò che diceva Bertolt Brecht: beato il popolo che non ha bisogno di eroi.

Esposto nelle vetrine delle librerie, nei giorni scorsi, c’era un libro «Voltagabbana, manuale per galleggiare come un sughero» . D’altronde basta fare un salto nel comune di Palazzo Adriano, comune arbreshe, per trovare ispirazione presso la casa natale degli antenati di Francesco Crispi. Per i mazziniani di stretta osservanza Francesco Crispi, infatti, fu voltagabbana quando da ardente repubblicano decise di aderire alla monarchia fino a diventare primo ministro del regno, da spigliato democratico che rivendicava una riforma agraria, molto spinta, a repressore del movimento democratico-socialista dei Fasci Siciliani che per la riforma agraria si batteva.

Una volta la parola « voltagabbana » veniva generalmente sostituita da traditore, revisionista, rinnegato. La formazione politica che accoglieva il voltagabbana preferiva invece considerarlo un convertito, un ravveduto o addirittura un figliol prodigo e uccideva per lui, come il padre della Bibbia, il vitello grasso.

Da noi, intendo dire in Italia, il fenomeno dei voltagabbana si è certamente accentuato dopo la grande crisi del 1992 e la nascita di un bipolarismo imperfetto in cui le coalizioni si costituiscono per vincere, ma si dividono quasi sistematicamente nella fase successiva, quando sono chiamate a governare e/o ad amministrare.

In America, le poche volte che si cambia casacca, c’è l’obbligo di spiegare agli elettori le ragioni che spingono a modificare gli impegni presi durante la campagna elettorale. Da noi questo accade raramente, quando le persone coinvolte sono munite di sensibilità e soprattutto di dignità (materie inesistenti nelle nostre parti). D’altronde non è facile sussurrare in giro: Sono diventato sindaco, o deputato, o altro ancora con i voti di un fronte e siccome posso conseguire risultati per il mio ruolo (ipotizzati) con le risorse che mi vengono offerte da un'altro fronte, ho cambiato casacca.
Si ..., è proprio vero, con la Seconda Repubblica, si può gridare : «Francia o Spagna pur che se magna», e che sia soltanto vastedda.

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