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lunedì 1 febbraio 2010

Ancora sulla formula di giuramento di fedeltà ed omaggio nel periodo feudale

 Nei nostri interventi sul blog facciamo frequentemente ricorso ad eventi storici che in qualche modo tolgono dei veli sul passato del nostro territorio. Una storia civile, istituzionale e di costume del nostro paese, di Contessa Entellina, non è mai stata scritta, essendosi tutti gli autori, fino ad adesso, occupati dell'aspetto da essi ritenuto prioritario, la vicenda ecclesiastica e rituale greco-bizantina in mezzo all'oceano latino-romano.
  Si tenga comunque presente che il blog non punta a scrivere la storia di Contessa, su cui sono necessarie molte e complesse ricerche, da nessuno (o da pochi) finora intraprese. Noi riteniamo di fare cosa utile nel riportare all'attenzione dei nostri lettori piccoli (o grandi) fatti, a mò di flash; si tratta di alcuni aspetti del contesto culturale altomedioevale che nelle intenzione di chi scrive dovrebbero definire meglio la caratterizzazione interpretativa del sistema di dominio baronale.
Per evitare che qualcuno interpreti i nostri interventi come la prima stesura di una Storia su Contessa, volutamente, saliamo in sù e scendiamo indietro lungo il corso dei secoli senza alcun concatenamento di eventi.  E' la nostra scelta, in attesa di mettere mano ad una Storia cronologica, che ad oggi è lontana da venire.
   Detto questo, ci preme evidenziare che per chi si occupa di Storia ciò che contano sono i documenti e quando questi si rinvengono vanno divulgati indipendentemente se collimano o meno con le nostre opinioni precedenti.
   Nei giorni scorsi abbiamo riportato la formula con cui i giurati (precursori degli odierni amministratori comunali) dell'Università di Contessa nel 1520, e poi di seguito ogni anno, manifestavano fedeltà ed omaggio al loro Barone. E' la formula che si usava in tutte le Università sottoposte alla giurisdizione dei Cardona e in tutte le Università del regno di Sicilia. Non c'è da stupirsi che la formula di fedeltà ed omaggio venisse proferità in ginocchio davanti al Barone (quando non era assenteista). Si trattava di un atto fondamentale sulla base dell'Ordinamento allora vigente ed esigeva anche un atteggiamento di sottomissione.

 Nei più datati lavori di ricerca storica sulle istituzioni politiche medievali, la fedeltà era interpretata come il nodo cruciale dei rapporti sociali e di potere: in contrasto con il rapporto unilaterale di obbedienza, la fedeltà comprendeva soprattutto l'obbligo di non nuocere mai al signore.
  ¨ La cultura religiosa ed il simbolismo trinitario sono alla base nel tratteggiare lo schema interpretativo della società medievaloe e baronale. Quella società si reggeva su uno schema tripartito. Parallelamente al rapporto uno / trino, di ascendenza cristologica, che richiama la perfezione di inclusione-convergenza e tripartizione del divino, così la società tutta si riconosceva pacificamente e stabilmente sottomessa all’unica legge cristiana, ma era anche scissa in compiti fortemente diversificati per le tre classi sociali, in cui essa era suddivisa.
- “Gli uni pregano, gli altri combattono, gli altri infine lavorano
- La tripartizione dei compiti significava per l’uomo del feudalesimo giustizia, perfetta complementarietà delle mansioni, compiuta realizzazione della legge superiore ed unitaria, che assicurava la pace tra gli uomini
- Tutto ciò significa invece per noi contemporanei del terzo millennio impensabile immobilismo sociale, statica accettazione dell’esistente, stratificazione sociale fittizia, ingiusta emarginazione di alcuni a favore di altri
- Riflettere sulle differenze sostanziali, che guidano il pensiero sociologico e politico moderni, rispetto a visioni della società che si rifanno a proiezioni metaforiche e simboliche - dovute a criteri interpretativi non scientifici di analisi ed a logiche rigidamente deduttive - è un compito importante.

   Il giuramento di fedeltà e omaggio, comunque, non è esclusivo del Medio Evo, che ad un nostro appassionato lettore che ci ha mosso perplessità e osservazioni, ha creato una sensazione negativa per il fatto che venisse esternizzato in ginocchio. Da noi in Sicilia sappiamo che anche gli aderenti a Cosa Nostra giurano fedeltà pungendosi il dito per far uscire del sangue. Massoneria e associazioni varie esigono giuramenti di vario tipo. Il regime fascista esigeva la fedeltà non solo in favore dello Stato, cosa ovvia, ma anche al regime, ossia ad una visione del mondo fra le tante, in contrasto con la libertà insita nell'uomo che dovrebbe poter scegliere la filosofia di vita che più gli è congeniale. Il fascismo esasperò la sottomissione dell'uomo alla sua visione autoritaria fino ad esigere il giuramento  di fedeltà anche ai professori universitari, cioè agli uomini della cultura per antonomasia.
In base a un regio decreto emanato il 28 agosto 1931, infatti, i docenti delle università italiane avrebbero dovuto giurare di essere fedeli non solo allo statuto albertino e alla monarchia, ma anche al regime fascista.

In tutta Italia furono solo una dozzina di personalità, su oltre milleduecento docenti, a rifiutarsi di prestare giuramento di fedeltà al fascismo perdendo così la cattedra universitaria.  Vittorio Emanuele Orlando andò anticipatamente in pensione, mentre altri, come Giuseppe Antonio Borgese, si allontanò dall'Italia fascista andando esule all'estero. Allo stesso modo non si sottopose al giuramento il docente ed economista Piero Sraffa, già da alcuni anni esule a Cambrdige.



I nomi dei docenti furono:
• Ernesto Buonaiuti (storia del cristianesimo),
• Giuseppe Antonio Borgese (estetica)
• Aldo Capitini (filosofia)
• Mario Carrara (antropologia criminale)
• Antonio De Viti De Marco (scienza delle finanze)
• Gaetano De Sanctis (storia antica)
• Giorgio Errera (chimica)
• Giorgio Levi Della Vida (lingue semitiche)
• Piero Martinetti (filosofia)
• Fabio Luzzatto (diritto civile)
• Bartolo Nigrisoli (chirurgia)
• Errico Presutti (diritto amministrativo)
• Francesco Ruffini (diritto ecclesiastico)
• Edoardo Ruffini Avondo (storia del diritto)
• Lionello Venturi (storia dell'arte)

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