StatCounter

giovedì 25 febbraio 2010

Ancora sui mulini ed i mulinara

Nel periodo baronale i mulini erano impianti che potevano essere gestiti in regime di monopolio (res reservata) a beneficio del Signore del luogo. Nel XV, XVI, secolo, cioè nel periodo in cui fu fondata Contessa, la farina, il pane, in Sicilia era un genere di lusso. I contadini, ed i nuovi arrivati albanesi, nei domini dei Cardona -in genere- si nutrivano di grano bollito (cuccìa). Interessanti, ai nostri fini, sono i versi di Mariano Bonincontro, poeta siciliano della metà del cinquecento: E fu burgisi di burritta azola/ chi tinia mandra e siminava urlia / e fina intantu ch'illu happi la stola / lu paxxiu sempri di tumi e cuccìa.
E' quello comunque il periodo in cui il consumo della farina comincia ad espandersi, sia perchè dopo secoli di decremento demografico comincia ad aumentare la popolazione e sia perchè i grandi regnanti spagnoli Carlo V, Filippo II, mobilitarono armate per esigenze militari a cui bisognava garantire ingenti quantità di 'biscotti duri' e di panatica.
E' quindi il periodo in cui le licenze per impiantare nuovi mulini diventano più accessibili.
Noi seguiremo, in questo ed in altri scritti, la vicenda dei molini ad acqua, stante che la vicenda dei molini azionati da forza animale è in Sicilia molto più antica e risale ai greci.
Una prima disciplina dei mulini ad acqua pare risalga al periodo Svevo, quando la materia fu catalogata ..iuria regalia, materia imperiale, praticamente. Eppure la città di Palermo godette, per tutto il periodo baronale e feudale di un privileggio: al cittadino qualunque, che disponesse delle sufficienti risorse,  era concesso di impiantare e gestire i molini "in solo proprio nulla proinde Curia licentia postulata". Nel resto del Regno vigeva: non dubium est ... universa huius Siciliae ultra Farum regni molendina et paratoria aquarum ex antiquis regni eiusdem statutis et consuetudinibus perpetuo observatis, ad ius tarenorum septem et granorum decem anno quolibert Regie Curie pro saltu acquarum ipsarum in perpetuum teneri.
Bisognava, allora, in pratica  pagare un diritto, pari ad un augustale del periodo Svevo. Nel '500 questo diritto corrisponderà ad un'onza.
Chi quindi poteva, nel territorio dei Cardona, a Bagnitelle per esempio, gestire i molini ?
Nei Capitoli di Alfonso Cardona, con cui nasce Contessa, non c'è traccia che la gestione del molino venisse espressamente concessa ai nuovi arrivati arbreshe. Il molino di Bagnitelle in effetti era al di fuori dei feudi di Contesse e Serradamo che venivano concessi in enfiteusi agli arbreshe. Esso, come in tutte le realtà feudali poteva essere condotto da membris et iuribus delle Secrezie (organi baronali che amministravano tributi indiretti, gabelle e redditi dei domini della signoria).
I mulinara erano, in un certo senso, persone dell'apparato baronale. A maggior riprova c'è da considerare che essi, i mulinara, erano parte integrante del sistema della gabella della molitura, imposta indiretta vigente in tutte le realtà feudali del Regno. I cittadini e gli abitanti di un dato centro, Contessa compresa, dovevano macinare il loro frumento nel molino (o molini)  sito nell'Università e nelle terre di appartenenza del barone, al fine di non sottrarre al medesimo il reddito dell'imposta indiretta che competeva, appunto, alle casse dell'amministrazione signorile (secrezia). 
Numerosi sono i documenti su contenziosi instaurati nel XVI secolo fra abitatori delle terre ed i loro signori (non però a Contessa, dove gli arbreshe mai instaurarono vertenze con i loro baroni). Lo storico H. Bresc asserisce che i vassalli (gli abitanti delle Università) in taluni casi potevano macinare o battere panni in molino e paratore diverso da quello del signore solo se fosse stata provata una loro maggiore utilità.

Nessun commento:

Posta un commento